Non
c’è ormai scuola del regno che non si doti di “Progetti”. Nuovi, usati,
scopiazzati, presi in prestito, fuori moda, avveniristici, fantascientifici, …
Una vasta gamma di prodotti sono annualmente esposti sulla bancarella del Piano
dell’Offerta Formativa di ogni scuola per fare colpo su un’Utenza narcotizzata,
indirizzata più verso l’appariscenza che alla sobria sostanza. Schiere di
docenti capitanati dai loro piccoli dirigenti si spintonano per farsi largo;
come è gagliarda e salutare la competizione che si accende annualmente tra le
scuole del regno. “Venghino! Venghino! Accorrete gente! Ecco quel che offriamo
ai vostri pargoli”. “Prego, di qua. Notino lor signori la nostra pregiata
mercanzia: progetto “Lingue lunghe”, progetto “Canta che ti passa”, progetto
“Aglio, olio e peperoncino”…
Il
modello di “Progetto” che si è radicato nelle scuole del regno è ricco di
attrazioni, ma orfano di contenuti educativi. Si progetta o si aderisce a molti
progetti per forza d’inerzia, per moda, per sentito dire, “perché me lo ha
chiesto il dirigente”, “perché prendo almeno 5 ore dal fondo d’istituto”,
“perché così la scuola ottiene una briciola di finanziamento”, … Ma se una iniziativa didattica ed
educativa non trova le radici nella conoscenza, nella convinzione e nella
sensibilità del docente che la dovrà perseguire, allora le togli l’anima.
Risultati? Eccone uno.
Il
collegio dei docenti aderisce ad un
progetto ambientale. Quale manifestazione finale del percorso progettuale, è
prevista, per il giorno X, un’esposizione di manufatti realizzati dagli alunni
della scuola con materiale di scarto. Inoltre è prevista, nello stesso giorno,
una raccolta di rifiuti RAEE (rifiuti elettrici ed elettronici) da parte di una
ditta specializzata nel recupero di tale tipologia di rifiuti. Bene! Direte
voi, ed io pure. Iniziativa meritoria, considerando che il futuro dei nostri
alunni è seriamente minacciato dall’aumento dei rifiuti e dalla crescente scarsità
delle risorse utili a garantire la produzione degli oggetti necessari alla
sopravvivenza del genere umano. Il progetto prevede inoltre che la scuola avvii
una sistematica raccolta della carta, differenziando tale materiale dagli altri
rifiuti.
Arriva il giorno X. L’atrio della scuola diventa uno
spaccato di mercato rionale. Si mettono in bella mostra i lavoretti degli
alunni (alcuni anche molto interessanti) e si aprono le porte ai visitatori.
Bene! Direte voi, ed io pure. Gli scarrabili che accolgono i RAEE si riempiono.
Bene! Direte voi, ed io pure. E dopo il giorno X ci si aspetta che il messaggio
lanciato all’utenza (parola orrida) si radichi nel luogo stesso da cui è
partito. Insomma ci si aspetta che “il verbo si faccia carne”. Invece? Giorno
dopo; sala docenti; contenitore per la raccolta differenziata della carta in
cui è stampigliato in caratteri cubitali la parola “CARTA”; contenuto del
contenitore: carta, bicchieri di plastica sporchi, cucchiaini di plastica sporchi,
plastica pulita, pennarelli scarichi, … insomma, MONNEZZA. Male! Direte voi, ed
io pure!
6/01/2013
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