venerdì 28 giugno 2013

Prove Invalsi

Esprimo tutta la mia possibile solidarietà al Maestro Flavio, dell' Istituto Comprensivo Statale di largo Oriani 1, Roma, che ha beccato una sanzione disciplinare da parte del suo piccolo dirigente scolastico per essersi opposto, argomentando il suo rifiuto, alla somministrazione delle prove Invalsi. 

Quella che segue è la mail che scrissi ai genitori dei miei alunni per spiegare le ragioni della mia adesione allo sciopero contro queste famigerate pseudo prove valutative.

Carissimi genitori,
vi informo che il 7 maggio prossimo sciopererò contro le prove INVALSI (Istituto per la Valutazione del Sistema Scolastico Nazionale). Le nostre classi saranno coinvolte per le prove di Italiano (il 10 maggio saranno somministrate le prove Invalsi di Matematica, ma in quella data il problema non si pone, dato che saremo al campo scuola).
Vi dico alla spicciolata perché rifiuto queste prove.
1 Utilizzano un metodo valutativo parziale per valutare l'apprendimento globale (non si possono usare soltanto dei quiz per capire tutti gli aspetti dell'apprendimento);
2 A volte presentano grossolani errori nelle risposte a scelta multipla;
3 Non tengono conto dei disturbi specifici dell'apprendimento di alcuni alunni e dei tempi necessari per svolgere serenamente una prova;
4 Non tengono conto delle difficoltà linguistiche degli alunni stranieri;
5 Con il nuovo regolamento sulla valutazione delle scuole, si vogliono agganciare la premialità alle scuole e la remunerazione degli insegnanti ai risultati delle prove;
6 Per non fare brutta figura (e in futuro prossimo per non farsi decurtare lo stipendio) gli insegnanti spesso sottraggono molto tempo alla normale didattica per far preparare i propri alunni alle prove, (le famiglie sono sempre più obbligate a comprare dei libricini che simulano le prove Invalsi);
7 Le prove, benché dicano il contrario, non sono anonime. Le segreterie possono risalire all'autore della prova grazie ad un codice dato;
8 Viene somministrato un questionario in cui gli alunni devono fornire dati anche sensibili e strettamente privati;
9 Mentre l'Invalsi e suoi dirigenti vedono aumentare le loro risorse economiche, la scuola pubblica piange miseria e versa in condizioni tali da non rispettare la normativa sulla sicurezza.

Potrei continuare ancora, ma smetto di annoiarvi.
Scusatemi se vi ho fatto perdere un po' del vostro prezioso tempo, ma ho avvertito il bisogno di informarvi e di condividere il mio disagio.

Un caro saluto.


martedì 25 giugno 2013

La notizia



Le voci sono sempre più insistenti. Sembra addirittura che i solerti funzionari del ministero della non più pubblica istruzione stiano facendo i salti mortali per occultare la notizia. Ma oggi non è più come ieri. Oggi le notizie sono teletrasportate; a volte basta solo il tempo di pensarle et voilà, ce le troviamo già penzolanti sui fili della rete come mutande stese al sole.

E allora eccola la notizia: pare che da più di un decennio, tutti i ministri che hanno diretto il dicastero dell’istruzione abbiano elaborato i loro piani di riforma della scuola sulla base di informazioni fornite da un noto psichiatra che opera e risiede nella Capitale.

Bè, direte voi. E dove sta la sensazionalità della notizia? Il ministero ama farsi frequentare da esperti e consulenti esterni di ogni risma. Che male c’è se nel folto elenco dei consiglieri ministeriali risulta esserci anche uno “strizzacervelli”? Già. Ma è in fondo alla notizia che avviene il coup de théâtre: l’autore delle preziose informazioni non è affatto il celebre professionista, bensì un suo paziente. Un uomo simile all’avvocato Pignacorelli (personaggio interpretato da Alberto Sordi nel film “Troppo forte” di Carlo Verdone), che soffre, come lo stesso personaggio del film, di allucinazioni, spacciandosi per avvocato, medico o, molto spesso, per figure che ricoprono cariche istituzionali.

Lo psichiatra, dunque, non avrebbe fatto altro, in questi anni, che raccogliere le idee che il suo falso ministro gli forniva, sdraiato comodamente sul lettino dello studio medico, indirizzandole poi alle orecchie dei veri ministri, i quali, entusiasti, e senza rimaneggiare alcunché, le utilizzavano per le loro roboanti riforme del sistema scolastico italiano.

Ricordate la struttura basata sui cicli del ministro Berlinguer, in cui la somma dei 5 anni della scuola elementare e i 3 della scuola media era pari a 7? E il numero complessivo di anni dedicati all’istruzione che passavano da 13 a 12? E il diritto-dovere (??????) alla formazione fino ai 18 anni? Pare che sia farina del “Pignacorelli” anche l’idea del finanziamento pubblico alle scuole private e il consiglio di spacciarla come un sostegno alle famiglie per il diritto allo studio.

Ricordate l’abbassamento dell’età di ingresso dei bambini nella scuola dell’infanzia e alle elementari? E il sistema dei licei (di durata quinquennale) e quello della formazione professionale (di durata quadriennale)? E la sparizione dei programmi didattici nazionali? E il taglio dei contenuti storici e geografici nella scuola elementare? E la sparizione dell’esame di quinta elementare? E le 3 I (internet, impresa e inglese)? Tutto merito del “Pignacorelli”, altro che della Moratti.

Ricordate, poi, la reintroduzione del maestro tuttofare? E la sparizione delle compresenze dei docenti nella scuola elementare? E il tempo pieno garantito da un coacervo di insegnanti in cerca del completamento della loro cattedra? E la riduzione delle ore di lezione alla scuola media? E la prova nazionale con i quiz Invalsi all’esame di terza media? E la possibilità di trasformare le università in fondazioni private? Noooo, niente di tutto questo ha partorito la Gelmini. Il ministro ha soltanto ricevuto dallo psichiatra le esternazioni del paziente “avv. Pignacorelli”. Tutto qui.

Il noto professionista, alla luce di quanto è emerso, ha dichiarato che interromperà i rapporti di collaborazione con il ministero di Viale Trastevere, almeno fino a quando il suo paziente non abbia smesso di credersi il Presidente della Repubblica.





domenica 23 giugno 2013

LA CONSERVAZIONE DELLE MARMELLATE


 


Alcune volte ho partecipato al “Comitato di Valutazione”. Per i non addetti ai lavori, il “Comitato di Valutazione” è formato da un gruppo di insegnanti e dal dirigente scolastico che ha il compito di valutare, a fine anno scolastico, l’attività e la professionalità dei docenti neo immessi in ruolo (coloro che hanno ottenuto un contratto a tempo indeterminato).
In realtà il “Comitato di Valutazione” non valuta assolutamente nulla, limitandosi, il più delle volte, ad ascoltare il poverino o la poverina che, prendendo la cosa sul serio, mostra una certa emozione nell’esporre ciò che ha fatto nelle classi durante l’anno scolastico. Raramente i membri del Comitato leggono in maniera approfondita i diari di bordo o le tesine degli “esaminandi”. E raramente il Comitato, di fronte ad una manifesta non attitudine all’insegnamento di un neo immesso in ruolo, formula un giudizio sanzionatorio. Il Comitato è parte di un rito il cui epilogo sono i “tarallucci e vino” sostituiti da “pasticcini e bibite”, la parte, senza dubbio, più interessante del rito valutativo.
Un giorno mi sono trovato di fronte ad una docente che, seppur neo assunta, aveva alle spalle molti anni di insegnamento. Avevo letto con attenzione il documento da lei prodotto in cui presentava il lavoro svolto con i suoi alunni in classe. Durante la presentazione del proprio lavoro, la docente sottolineò quanto importante e fruttuoso fosse stato un “progetto” da lei ideato, programmato e svolto, che aveva lo scopo, a suo dire, di sviluppare nei suoi alunni alcune “competenze” (già, le competenze!) matematiche.
Ad onor del vero, l’insegnante aveva scritto poche righe sul “progetto”, ma in compenso aveva allegato una straordinaria documentazione fotografica che poteva essere ricondotta però a qualsiasi attività scolastica, progettuale o ordinaria.
Per capirne qualcosa di più, chiesi lumi all’insegnante in merito alle attività svolte nel progetto. In particolare le chiesi se tra le attività ne fossero previste alcune con lo scopo di sviluppare negli alunni “la conservazione delle quantità” (1), omettendo di specificare, perché dato per scontato, “numeriche, delle lunghezze e dei volumi liquidi”. Come risposta ottenni un imbarazzante: “In che senso?”. Capii che ignorava l’argomento e cercai di sviare, iniziando a parlare d’altro, ma il dirigente scolastico presente (un piccolissimo dirigente) volle dare prova della sua sapienza e in uno slancio di soccorso non richiesto esordì: “Ma certo, quelle attività che i bambini svolgono con le conserve come la... MARMELLATA!”.


(1)“La capacità di astrarsi da indizi superficiali, quali la forma o la densità dello spazio occupato dagli oggetti di più insiemi, per stabilire relazioni di confronto di tipo quantitativo.”

30.03.2013

CO-N-PETENZE




È da almeno un decennio che nelle scuole del regno domina questa parola: “Competenze”. Ispettori, dirigenti e docenti “competenti” la usano in ogni occasione, formale o informale che sia. La si sente  vibrare nelle sale dei convegni, nelle aule magne, nei corridoi, nei giardini e perfino nelle mense. “Servono le COMPETENZE!”, “Bisogna progettare per l’acquisizione delle COMPETENZE!”, “È necessario attrezzarsi per veicolare le COMPETENZE!”, “Gli indicatori di apprendimento sono le COMPETENZE!” … Peccato però che in questi anni, a forza di parlare a sproposito di “Competenze” le scuole del regno hanno perso per strada buona parte del materiale utile per formarle davvero e consolidarle. Ci vogliono far credere che l’oggetto educativo si possa autocostruire limitando l’uso e la quantità dei chiodi linguistico-espressivi, delle viti matematico-scientifiche, dei bulloni storico-geografici, ecc. E a quegli insegnanti, poi, che osano chiedere se la riduzione del tempo scuola avvenuta negli ultimi anni non sia perniciosa allo scopo, i “competenti” rispondono:” Non serve la quantità, ma la qualità dei prodotti offerti (già, dei prodotti, e non delle lezioni presentate, tanto per confermare che il mondo della scuola deve stare in linea  con la sottocultura del “mercato”). E indovina, indovinello, quando ci parlano di “prodotti di qualità”, a che cosa si riferiscono in particolare i “competenti”? Naturalmente ai progetti. Soprattutto a quei particolari progetti che hanno inondato le scuole con i nomi più disparati. Che hanno sdoganato centinaia di frustrati della danza del ventre, della canzone italiana, delle arti esoteriche, dei balletti alla “Saranno famosi” e via dicendo, che da anni premevano alle porte degli istituti scolastici per mostrare il meglio di loro. I programmi della scuola primaria sono stati azzoppati dalle “Indicazioni nazionali per il curricolo”. Quelli di Storia e di Geografia sono stati i più falcidiati. Se, ad esempio, le classi quinte non studiano più i periodi rilevanti della storia contemporanea, ciò non genera, a detta dei “competenti”, problemi. Se poi capita di celebrare l’anniversario dell’unità della nostra Nazione e il Ministero dei “competenti” dell’Istruzione invita le scuole del regno a coinvolgere i propri alunni nell’iniziativa, no problem: basta tirar fuori dal cilindro un bel progettino che sopperisca alle mancate conoscenze del periodo storico di riferimento e che permetta agli alunni di autocostruirsi le “competenze” necessarie per capire l’evento. E non è nemmeno un problema per i “competenti” se il progetto assorbe tempi e risorse destinate alle lezioni disciplinari. Per i “competenti” non avviene alcuna sottrazione, ma una manifesta occasione di interdisciplinarietà aggiunta. Già, un’occasione che rischia però di sfornare dalle scuole del regno una caterva di alunni “competenti” che, spinti da un moto di riconoscenza nei confronti di chi li ha resi tali, scrivano per ringraziare: “ Grazzie, per le conpetenze che ci havete trasmeso”.

26.03.2013

Pro-getto




Non c’è ormai scuola del regno che non si doti di “Progetti”. Nuovi, usati, scopiazzati, presi in prestito, fuori moda, avveniristici, fantascientifici, … Una vasta gamma di prodotti sono annualmente esposti sulla bancarella del Piano dell’Offerta Formativa di ogni scuola per fare colpo su un’Utenza narcotizzata, indirizzata più verso l’appariscenza che alla sobria sostanza. Schiere di docenti capitanati dai loro piccoli dirigenti si spintonano per farsi largo; come è gagliarda e salutare la competizione che si accende annualmente tra le scuole del regno. “Venghino! Venghino! Accorrete gente! Ecco quel che offriamo ai vostri pargoli”. “Prego, di qua. Notino lor signori la nostra pregiata mercanzia: progetto “Lingue lunghe”, progetto “Canta che ti passa”, progetto “Aglio, olio e peperoncino”…

Il modello di “Progetto” che si è radicato nelle scuole del regno è ricco di attrazioni, ma orfano di contenuti educativi. Si progetta o si aderisce a molti progetti per forza d’inerzia, per moda, per sentito dire, “perché me lo ha chiesto il dirigente”, “perché prendo almeno 5 ore dal fondo d’istituto”, “perché così la scuola ottiene una briciola di finanziamento”,  … Ma se una iniziativa didattica ed educativa non trova le radici nella conoscenza, nella convinzione e nella sensibilità del docente che la dovrà perseguire, allora le togli l’anima. Risultati?  Eccone uno.

Il collegio dei docenti  aderisce ad un progetto ambientale. Quale manifestazione finale del percorso progettuale, è prevista, per il giorno X, un’esposizione di manufatti realizzati dagli alunni della scuola con materiale di scarto. Inoltre è prevista, nello stesso giorno, una raccolta di rifiuti RAEE (rifiuti elettrici ed elettronici) da parte di una ditta specializzata nel recupero di tale tipologia di rifiuti. Bene! Direte voi, ed io pure. Iniziativa meritoria, considerando che il futuro dei nostri alunni è seriamente minacciato dall’aumento dei rifiuti e dalla crescente scarsità delle risorse utili a garantire la produzione degli oggetti necessari alla sopravvivenza del genere umano. Il progetto prevede inoltre che la scuola avvii una sistematica raccolta della carta, differenziando tale materiale dagli altri rifiuti.                           

Arriva il giorno X. L’atrio della scuola diventa uno spaccato di mercato rionale. Si mettono in bella mostra i lavoretti degli alunni (alcuni anche molto interessanti) e si aprono le porte ai visitatori. Bene! Direte voi, ed io pure. Gli scarrabili che accolgono i RAEE si riempiono. Bene! Direte voi, ed io pure. E dopo il giorno X ci si aspetta che il messaggio lanciato all’utenza (parola orrida) si radichi nel luogo stesso da cui è partito. Insomma ci si aspetta che “il verbo si faccia carne”. Invece? Giorno dopo; sala docenti; contenitore per la raccolta differenziata della carta in cui è stampigliato in caratteri cubitali la parola “CARTA”; contenuto del contenitore: carta, bicchieri di plastica sporchi, cucchiaini di plastica sporchi, plastica pulita, pennarelli scarichi, … insomma, MONNEZZA. Male! Direte voi, ed io pure!

 6/01/2013

Banco privato



Qualche settimana fa ho incontrato la mamma di una compagna di scuola di mio figlio.

Lei:”Ciao, hai saputo del problema dei banchi nella classe dei nostri figli?”

Io: “So che ancora fanno lezione sui banchi della prima classe (ora i bambini frequentano la terza classe)”.

Lei:” Oh, alla mia piccola le si incastrano le gambe sotto al banco; inoltre rischia una cifosi a furia di stare per otto ore con la schiena piegata in avanti”.

Io:” Già. Credo che sia un problema per tutti i bambini della classe. Dovremmo andare dal dirigente scolastico e chiedere spiegazioni in merito”.

Lei:”So che qualcuno ha provato ad andare in presidenza, ma il dirigente non l’ha ricevuto”.

Io:” Penso sia meglio andare con un nutrito numero di genitori e non isolatamente. Più il problema è condiviso più efficace è la pressione”.

Lei:” Quello fa come vuole. È il capo della scuola. Se decide di non ricevere, non riceve. Anche se in presidenza ci vai in venti”.

Io:” No scusa, è un funzionario pubblico... non può non riceverti. Riceverà per appuntamento, ma deve ricevere. Un dirigente scolastico ha il DOVERE di relazionarsi con le famiglie degli alunni”.

Lei:” Lascia stare, è soltanto una perdita di tempo. Bisognerebbe invece fare come ha detto mio marito”.

Io:” E come ha detto tuo marito?”.

Lei:” Bisogna trovare un pezzo grosso del ministero che lo solleciti al dialogo. Allora sì che metterebbe la coda in mezzo alle gambe e aprirebbe la porta di quella torre d’avorio in cui si è barricato”.

Io:” Ma in questo modo ci alieniamo un diritto. Rinunciamo ad essere cittadini e diventiamo sudditi del potente di turno. No guarda, chiamiamo il nostro rappresentante di classe, che è stato appena eletto. Concordiamo con lui un incontro, invitiamo tutti i genitori e decidiamo come meglio muoverci, senza escludere una possibile azione legale…”

Lei:” Sì, l’azione legale… ma fammi il piacere. Ma dove vivi. Hai i soldi da regalare agli avvocati? Mio marito ne vede di esposti e di denunce. Vuoi sapere dove vanno a finire? Nel secchio, e nemmeno in quello della differenziata”.

Io:” Scusa, ma che lavoro fa tuo marito?”.

Lei:” Il carabiniere”.

Io:” Ah!”.

Lei:” Io comunque non sono disposta a tollerare oltre una situazione del genere. Mia figlia prima di tutto! Prima di tutto il suo benessere!”

Io:” Sono d’accordo. Non si può tollerare che in una scuola pubblica oltre ai gessi, alla carta igienica, al materiale di facile consumo manchino ora anche i banchi idonei su cui far studiare i nostri figli. Bisogna agire!”.

Lei:” Appunto. Ieri sono andata sul sito IKEA. Ne ho visti alcuni della dimensione giusta. Veramente graziosi e funzionali. Ho visto i prezzi. C-O-N-V-E-N-I-E-N-T-I-S-S-I-M-I. Povera piccola, finirà di contorcersi… domani le comprerò un banco!”.

N.B.: ogni riferimento a fatti e persone è puramente casuale? Un po' sì e un po' no.

La scuola fasulla




Una volta un piccolo dirigente scolastico mi disse: “Lei è un bravo insegnante, purtroppo, però, se la canta e se la sona”. Piccolo e straordinariamente sintetico.

Proverò a trasformare in prosa questo secco, tagliente e casereccio giudizio dato da una figura di spicco del piccolo dirigismo scolastico.

“Oggi la scuola non è più quella di una volta. Il termine “Utenza” sostituisce e ingloba quelli più desueti di “Alunni” e “Famiglie”. L’impegno  dell’insegnante, in una siffatta scuola, non sta nel veicolare gli aspetti vari dell’umano sapere ai propri alunni, ma quello più sopraffino di soddisfare gli appetiti di un’utenza condizionata da stimoli diretti più allo stomaco che alla testa.

Nella scuola dell’Autonomia la cultura solida cede il passo ad una cultura liquida che prende la forma del contenitore in cui si versa. Bisogna quindi essere pronti e disponibili nel soddisfare il bisogno di “show” che nasce dall’Utenza (ma che non poche volte è sostenuto e alimentato dallo stesso mondo della docenza e della dirigenza). L’insegnante che si mostra più al passo con i tempi è quello che riesce a spettacolarizzare il proprio operato e che plasma i suoi interventi sulla pancia della Suburra.

Nella scuola dell’Autonomia, poi, la funzione della maggior parte di quelle attività definite “Progetti” è proprio quella di dare risalto al risalto stesso. Il mezzo che diventa fine. Un insegnante senza “Progetto” è un personaggio in cerca d’autore.”.

Ecco, più o meno, cosa intendeva dire il piccolo dirigente scolastico con quel “Lei se la canta e se la sona”. Voleva dire, insomma, che la mia preparazione e il mio impegno in classe, per quanto apprezzabili, non sono che lievi rumori appena percettibili dall’Utenza.

Mi par di sentirlo il mio piccolo dirigente scolastico:

“L’Utenza ha bisogno di forma e non di sostanza. Si attrezzi, maestro, si attrezzi!”.

8.10.2012

Le Racco-mandate


 
Qualche solerte funzionario del Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, per premiare il merito, ha pensato bene di spedire nelle scuole del regno le Racco-mandate.

Esse vengono smistate celermente, anche se sono in sovrappeso, nei centri di spedizione oppure scorrono agevolmente lungo i conduttori dei cavi telefonici.

Le Racco-mandate, indirizzate in via esclusiva ai piccoli dirigenti scolastici, sono da questi ultimi supinamente accettate e collocate negli spazi precedentemente occupati.

Grazie alle Racco-mandate, le scuole dell'autonomia non devono faticare per individuare le eccellenze; le Racco-mandate stesse SONO l'eccellenza certificata e garantita a marchio MIUR.

Che bella l'idea di spedire le Racco-mandate nelle scuole del regno, certi che, grazie ai piccoli dirigenti scolastici, non ritornano mai al mittente.

02.09.2012

La crisi spiegata ai bambini di quinta elementare che a loro volta la spiegheranno agli economisti




Parleremo di una famiglia composta dai seguenti membri:

papà Alessandro;

mamma Maria;

Matteo,  figlio;

Claudio, figlio;

Sara, figlia;

Martina, figlia;

Valerio, figlio;

zio Giovanni;

Papà Alessandro è l’amministratore della famiglia. Riceve i soldi dai familiari che lavorano.

Mamma Maria compra il necessario che serve alla famiglia: alimenti, vestiti, scarpe, mobili, medicinali, libri, ecc.

Matteo lavora in ufficio. Claudio fa l’idraulico. Sara ha un’impresa di pulizie.

Martina studia e Valerio è disoccupato.

Zio Giovanni presta i soldi alla gente.

Per ogni 100 euro guadagnati da Matteo, Claudio e Sara, 45 vanno a papà Alessandro.

Matteo guadagna 20 000 euro l’anno.

Claudio guadagna 22 000 euro l’anno, ma al papà dice che ne guadagna 18 000.

Sara guadagna 24 000 euro l’anno, ma al papà dice che ne guadagna 19 000.

Zio Giovanni guadagna molto, ma molto di più di Matteo, Claudio e Sara, ma non dà niente a papà Alessandro. Anzi, quando zio Giovanni si lamenta che ha pochi soldi, papà Alessandro corre in suo soccorso.

Quest’anno papà Alessandro si è comprato un’auto blu da un concessionario che gliel’ha fatta pagare molto di più del suo prezzo reale.

Mamma Maria, come ogni fine anno, presenta a papà Alessandro il conto delle spese che ha fatto per sostenere la famiglia.

Papà Alessandro è in crisi. L’auto blu che ha comprato è costata molto ed ora non ha i soldi per mamma Maria.

Come può pagare il conto delle spese che ha fatto mamma Maria?

Se Claudio e Sara avessero detto a papà Alessandro quanto effettivamente guadagnano ogni anno, papà Alessandro avrebbe potuto disporre della somma necessaria a pagare le spese fatte da mamma Maria.

Papà Alessandro chiede allo zio Giovanni un prestito per pagare una parte delle spese fatte da mamma Maria.

Zio Giovanni concede un prestito a papà Alessandro, ma ad alcune condizioni:

1 papà Alessandro dovrà restituire alla fine dell’anno la somma prestata aumentata del 10%;

2 papà Alessandro dovrà aiutare zio Giovanni, nel caso in cui lo zio abbia problemi di soldi, prestandogli il denaro necessario aumentato al massimo dell’ 1%.

L’aumento sarà però pagato solo se zio Giovanni dimostrerà che con il prestito di papà Alessandro ha ottenuto un guadagno;

3 papà Alessandro dovrà ridurre i soldi che dà a mamma Maria per gli acquisti di alimenti, vestiti, scarpe, mobili, medicinali, libri, ecc. perché in questo modo potrà ripagare con più sicurezza il prestito.

Papà Alessandro accetta tutte le condizioni di zio Giovanni.

Zio Giovanni concede il prestito.

Papà Alessandro dà a mamma Maria la somma ricevuta in prestito da zio Giovanni.

Mamma Maria informa papà Alessandro che la somma che le ha dato non è sufficiente per pagare le spese sostenute.

Papà Alessandro la informa che chiederà a Matteo, Claudio e Sara un contributo in aggiunta a quello solito.

Inoltre papà Alessandro le ordina di diminuire le spese necessarie alla famiglia. Specialmente quelle che servono per mandare a scuola Martina e quelle per sostenere Valerio.

Papà Alessandro chiama Matteo, Claudio e Sara.

Papà Alessandro dice a Matteo, Claudio e Sara che vuole da loro un’altra parte dei soldi che guadagnano.

I tre storcono il naso, ma danno a papà Alessandro la parte richiesta.

Claudio e Sara, che risultano guadagnare meno di Matteo (perché non dicono quanto guadagnano davvero), dovranno sborsare una somma inferiore.

Ora papà Alessandro potrà pagare le spese fatte da mamma Maria. Ma ha sempre il problema di trovare i soldi per pagare a zio Giovanni il 10% del prestito.

Papà Alessandro è tentato di chiedere un altro contributo a Matteo, Claudio e Sara, ma così facendo rischierebbe di farli arrabbiare.

Allora papà Alessandro chiede a zio Giovanni un prestito per potergli pagare la parte in più (il 10% della somma prestata).

Zio Giovanni dice a papà Alessandro che ora i soldi non li ha, perché tempo fa prestò del denaro ad alcune persone che alla fine non glielo hanno restituito. Lui si è anche arrabbiato e ha tolto a queste persone le loro case e le loro auto, che però non riesce a vendere per rifarsi almeno un po’ della perdita subita.

Zio Giovanni dice che ora è lui a stare in difficoltà e ricorda a papà Alessandro la seconda condizione che ha portato al prestito.

Papà Alessandro, ricordando l’accordo, chiama subito Matteo, Claudio e Sara.

Dice loro che la situazione è davvero drammatica. Che la famiglia ha condotto fino a quel momento una vita al di sopra delle proprie possibilità. Che si rischia di non poter pagare più le spese della scuola di Martina. Che i medicinali non possono essere più acquistati da mamma Maria, ma da loro stessi. Che Valerio non può più essere sostenuto. E via dicendo.

Insomma, i tre, spaventati, accettano di dare a papà Alessandro quanto loro richiesto ancora.

Così papà Alessandro presta i soldi di Matteo, Claudio e Sara a zio Giovanni secondo le condizioni stabilite prima.

Zio Giovanni, che ora ha i soldi di Matteo, Claudio e Sara, presta a papà Alessandro quanto gli occorre per pagare la parte in più (il 10% della somma prestata) allo stesso zio Giovanni,

Papà Alessandro ha ora pagato il debito a zio Giovanni, ma per farlo si è indebitato ancora.

Papà Alessandro è ancora in crisi e si chiede: “Come faccio ad uscire da questa situazione?”.

Mentre aspetta la risposta, papà Alessandro continua a comprare costose auto blu, chiede altri prestiti a zio Giovanni e toglie altri soldi a Matteo, Claudio e Sara (ma a Matteo di più, perché Claudio e Sara continuano a non dirgli quanto guadagnano davvero).

27.08.2012

Libero pensiero in pubblica scuola - Se questo è un Dio - La Punizione di Eva e di Adamo




Dio, dopo averlo creato, aveva collocato Adamo nel paradiso terrestre, esattamente nel giardino di Eden, a oriente. Il giardino era rigoglioso, pieno di alberi che davano frutti gustosi. Un posto incantevole dove Adamo avrebbe dimorato eternamente. La storia potrebbe dunque finire qui. Ma Dio era pieno di risorse e tra gli alberi ne pose due in particolare: l’albero della vita e l’albero della conoscenza del bene e del male [1]. Poi calò in quel luogo incantato un divieto. Dio non spiegò, semplicemente vietò. Rivolto ad Adamo disse : “ Tu potrai mangiare di tutti gli alberi del giardino, ma dell’albero della conoscenza del bene e del male non devi mangiare, perché, quando tu ne mangiassi, certamente moriresti”[2]. Fino a quel momento l’unico interlocutore umano di Dio è Adamo. Eva è assente. Verrà creata successivamente, come tutti ben sanno, dalla “plasmazione” di una delle costole di Adamo.

Quando la donna fece il suo ingresso in Eden probabilmente non fu informata con dovizia sul divieto divino. Infatti alla domanda del serpente, che secondo le varie interpretazioni cela la figura di Satana, che le chiede se Dio avesse vietato di mangiare i frutti di tutti gli alberi dell’Eden, essa risponde: “ Dei frutti degli alberi del giardino noi possiamo mangiare, ma del frutto dell’albero che sta in mezzo al giardino Dio ha detto: “Non ne dovete mangiare e non lo dovete toccare, altrimenti morirete”[3]. Se si fossero poi mangiati i frutti dell’albero della vita si sarebbe raggiunta l’immortalità, ma non la conoscenza[4]. Insomma la situazione appare un po’ ingarbugliata, tanto che il serpente intorbidisce ancor più le acque dicendo alla donna: “No, non morirete affatto; ma Dio sa che nel giorno che ne mangerete, i vostri occhi si apriranno e sarete come Dio, avendo la conoscenza del bene e del male”[5].

Dunque:

    Dio vieta ad Adamo di mangiare i frutti dell’albero della conoscenza del bene e del male, ma non quelli dell’albero della vita.[6]
    L’albero della vita è posto da Dio al centro dell’Eden.
    Eva sa che non deve mangiare i frutti dell’albero posto al centro del giardino, e non quelli della conoscenza del bene e del male.
    Il serpente si riferisce all’albero centrale come se fosse quello della conoscenza del bene e del male.



Insomma, non è il massimo della chiarezza!

Orbene, cosa fa Eva, dopo essere stata sollecitata dal serpente? Assaggia candidamente i frutti dell’albero. Li assaggia e li fa assaggiare ad Adamo, il quale lo fa senza indugio.

Ora è utile porsi alcune domande: perché Eva non avrebbe dovuto assaggiare i frutti e Adamo avrebbe dovuto mostrarsi riottoso? Eva e Adamo non erano forse creature pure? Perché mai Eva avrebbe dovuto pensare che dietro alle parole del serpente ci fosse l’inganno, categoria estranea al pensiero di un essere che non conosceva ancora cosa fosse il bene e cosa il male? E la stessa cosa si dica per Adamo. Perché avrebbe dovuto rifiutare l’offerta di Eva?

Ed ecco, Dio si accorge che il suo divieto è stato infranto. E si arrabbia. “E’ questo il modo di usare il libero arbitrio di cui vi ho fatto dono?”. Lo sentite? Già, il libero arbitrio. Adamo ed Eva potevano decidere le loro azioni liberamente. Potevano agire come avrebbero agito due pargoletti che richiamati dal prodigioso luccichio dei tizzoni ardenti messi nel bel mezzo della loro stanza dal proprio padre li avrebbero senz’altro toccati, incuranti del pericolo. La purezza dei cuccioli d’uomo non è tale perché essi ignorano i mali dell’esistenza? E Adamo ed Eva non furono forse l’ ”infanzia” del genere umano?

Ma Dio non li comprese. Anzi, li punì severamente. E nel punire loro punì tutte le donne e gli uomini a venire. Punì le donne dicendo ad Eva:” Moltiplicherò i tuoi dolori e le tue gravidanze, con dolore partorirai figli. Verso tuo marito sarà il tuo istinto, ma egli ti dominerà”[7]. Punì gli uomini dicendo ad Adamo: “…maledetto sia il suolo per causa tua! Con dolore ne trarrai il cibo per tutti i giorni della tua vita. Spine e cardi produrrà per te e mangerai l’erba campestre. Con il sudore del tuo volto mangerai il pane; finché tornerai alla terra, perché da essa sei stato tratto: polvere tu sei e in polvere tornerai!”[8].

Avrebbero avuto bisogno di un padre, Adamo ed Eva…ne avrebbero avuto proprio bisogno.

[1] Nella versione C.E.I. della Bibbia è scritto: “Il Signore Dio fece germogliare dal suolo ogni sorta di alberi graditi alla vista e buoni da mangiare, tra cui l'albero della vita in mezzo al giardino e l'albero della conoscenza del bene e del male.”. Nella Nuova Riveduta è scritto: “Dio il SIGNORE fece spuntare dal suolo ogni sorta d'alberi piacevoli a vedersi e buoni per nutrirsi, tra i quali l'albero della vita in mezzo al giardino e l'albero della conoscenza del bene e del male.”,  mentre nella Nuova Diodati è scritto: “E l'Eterno DIO fece spuntare dal suolo ogni sorta di alberi piacevoli a vedersi e i cui frutti erano buoni da mangiare; in mezzo al giardino vi erano anche l'albero della vita e l'albero della conoscenza del bene e del male.” Come si può notare la differenza fra le versioni C.E.I /Nuova Riveduta e la Nuova Diodati non è di poco conto. Nelle prime si intende che solo l’albero della vita era posto al centro del giardino, mentre nella Nuova Diodati gli alberi della vita e della conoscenza del bene e del male sono entrambi posti al centro del giardino. Considerata la risposta che Eva dà al serpente, sembrano più consone le versioni C.E.I. e Nuova Riveduta.

[2] Versione C.E.I. -  Genesi 2, 16

[3] Versione C.E.I. -  Genesi 3, 2

[4] vedi nota 9, Versione C.E.I., 6a coedizione1982, Roma

[5] Versione Nuova Riveduta - Genesi 3, 4

[6] Da Versione Nuova Riveduta - Genesi 2, 16,17 ”Dio il SIGNORE ordinò all'uomo: “Mangia pure da ogni albero del giardino, ma dell'albero della conoscenza del bene e del male non ne mangiare; perché nel giorno che tu ne mangerai, certamente morirai ”.”

[7] Versione C.E.I. – Genesi 3, 16

[8] Versione C.E.I. – Genesi 3, 17

24.07.2012

I campioni di "fondo"






Nella scuola dell’autonomia ci sono dei veri e propri atleti che amano praticare il “Fondo” d’istituto. Più che con i piedi, però, amano correre con le mani per intascare meglio il risultato.

Sono maratoneti che prediligono il “Fondo” lungo.

La preparazione atletica a cui si sottopongono consente loro di coprire distanze che variano dai 3.000 ai 6.000 euro l’anno.

Riconoscere un “Fondista” da un sedentario della scuola è cosa assai semplice. Mentre il secondo se ne sta in classe per la maggior parte del proprio orario di lavoro, il primo, invece, preferisce sfrecciare dall’ufficio di presidenza agli uffici della segreteria, dall’aula magna al laboratorio di informatica, dal distributore del caffè al cortile della scuola.

Anche i podisti hanno le loro classi. Ma spesso, per non diminuire i ritmi di allenamento necessari per raggiungere in busta paga delle distanze così impegnative, le lasciano in autogestione oppure sotto il controllo di un collaboratore sportivo.

I preparatori tecnici di questi formidabili corridori sono non di rado i piccoli dirigenti scolastici.

Quest’ultimi sollecitano i “Fondisti” a stare in forma. Li fanno frequentemente uscire dalle loro classi e gli indicano a quale velocità correre, per quanto tempo, se correre a digiuno o dopo la pausa caffè.

I “Fondisti” sono l’orgoglio dei piccoli dirigenti scolastici che sognano una scuola con le proprie Fiamme oro.

 21.07.2012

Lieto evento






Un piccolo dirigente scolastico se ne andrà in pensione. Beato lui. Beati noi.


20.07.2012

Libero pensiero in pubblica scuola - Il dramma di Adamo ed Eva


 

Il dramma di Adamo ed Eva è stato quello di nascere adulti.

Lo Sperimentatore tolse loro l’infanzia e li illuse di vivere in una rigogliosa dimensione. Ma anche nelle illusioni c’è una porzione di realtà e questa, come un albero, crebbe al centro del pensiero, e i suoi pomi ebbero i colori dei balocchi del mondo. Fu così che l’asservito Adamo sentì il suono del trenino, grazie ad Eva, che possedeva un intuito avvolgente come le spire di un serpente. Giocarono, giocarono e poi ancora giocarono, dimenticando spazio e tempo, e le loro voci diventarono sempre più acute, sottili e leggere tanto da innalzarsi ed arrivare in cielo, già, in Cielo.

Le mani sporche, le ginocchia sbucciate, il corpo zuppo di sudore. Fu così che furono sorpresi e impauriti.

Una voce, grave come un tuono, esplose. Mille e più di mille ire adulte colpirono come proiettili le gote rosse, i capelli arruffati e sporchi, il moccolo. Tentarono di rimediare asciugandosi il sudore con le mani polverose, ma il risultato fu un groviglio di linee scure sui corpi.

L’ipotesi dello Sperimentatore fu sbriciolata da quella visione.

Aveva potuto creare due perfette creature, ma non aveva potuto svuotarle.

Gli aveva dato la sua immagine, ma non la sua somiglianza.

Colto dallo sconforto, lo Sperimentatore pensò di abbandonare il progetto, ma un lampo attraversò la sua divina mente.

Le perle di sudore, le gote rosse, le ginocchia sbucciate, i capelli arruffati e sporchi e le mani polverose potevano essere mantenute intatte. Potevano essere trasformate in manifestazioni dell’adulta età.

Il cerchio fu chiuso.

Adamo ed Eva avrebbero continuato a bagnare la loro fronte, ad arrossare le loro guance, a sbucciare le loro ginocchia, ad arruffare i loro capelli e a sporcare le loro mani in una dimensione stretta tra spazio e tempo.

Avrebbero mantenuto tutto ciò nel gioco della vita guadagnata col duro lavoro.

19.07.2012

Le parole come i sassi




Le lanciano come sassi. Sono le parole che stanno lapidando la scuola pubblica. I talebani della formazione le raccolgono nelle pietrose contrade dell’economia o dell’arte militare e poi gliele lanciano addosso. Né troppo grosse da uccidere subito la condannata né troppo piccole da non poter essere definite pietre. Così vuole la tradizione. Chi in questi ultimi anni si è occupato di riformare la scuola pubblica in realtà le ha scavato una fossa e ce l’ha infilata dentro fino al petto. Così vuole la tradizione. E coloro che provano ad opporsi ad una simile barbarie vanno incontro ad una sicura fatwa.

Ecco un elenco di queste parole, rigorosamente in ordine alfabetico (alcune sembrano “leggere”: non illudetevi, sono pietre pomice ripiene di mercurio!):

Accountability

Alternanza

Ampliamento

Arricchimento

Autonomia

Brainstorming

Capofila

Check list

Circle time

Competenze

Corresponsabilità

Crediti formativi

Debiti scolastici

Dimensionamento

Eccellenze

Economicità

Efficacia

Efficienza

E-learning

Èquipe pedagogica

Finalità

Fis

Focalizzazione

Fondo

Funzioni strumentali

Invalsi

Item

Leader

Leadership

Management

Meritocrazia

Mission

Obiettivi

Offerta formativa

Patto

Portfolio

Privacy

Problem solving

Progetti

Referente

Sponsor

Staff

Stakeholders

Task analysis

Team

Territorio

Test

Tutor

Utenza

29.06.2012