Docenti!!! Non abbiate più
timore, non mostrate più ansie; un vostro alunno presenta delle difficoltà e
non avete più le ore di compresenza da dedicargli? Vi manca il conforto di un
insegnante di sostegno? Lavorate in una piccola aula affollata e spesso ricevete
nella vostra classe gruppi di alunni migranti da un’altra classe perché orfani
del docente titolare e del supplente? Non disponete del materiale necessario
per aiutare il vostro alunno? Tranquilli, ora per voi ci sono i BES!!! Un’
altra geniale idea partorita dalla mente dell’emulo dell’avv. Pignacorelli e
prontamente fatta propria dal ministro di turno. Avere ora in classe un alunno
in difficoltà non è più un problema, basta trasformarlo in BES et voilà, les
jeux sont faits! L’alunno, da quel momento, viene preso “a carico” dalla scuola (e già,
non viene mica più mangiato dal lupo cattivo, come avveniva “ante” la geniale
idea) la quale, supportata dai CTS e dai CTI, predispone un PDP, che è diverso
dal PEI ed è elaborato dal CdC sulla base del PAI che è elaborato dal GLI che
implementa il GLHO, grazie al quale l’alunno potrà essere dispensato e
compensato come un DSA certificato dalla ASL. Semplice. Nooo???
domenica 22 dicembre 2013
venerdì 29 novembre 2013
MOTI D'ARIA
Bene. Dopo una
lunga pausa si ricomincia. Brevi post, perché il tempo a disposizione
scarseggia. La scuola pubblica sta cambiando la sua natura per perseguire la
sua moderna "mission". Una massa docente acritica, appiattita sui
ghiribizzi dei governativi di turno, svolge con apatia o rassegnazione il
proprio lavoro, infastidita dai flebili solleciti di coloro che tentano di
scuoterla. Squadre di piccoli dirigenti scolastici vengono addestrate per
tenere sotto narcosi il personale della scuola. Torme di genitori indottrinati
assediano le mura degli istituti scolastici affinché siano garantite ai loro
figli massicce dosi di lezioni private a pagamento in orario scolastico.
Insomma, è il delirio, è la perdita della memoria storica, è l’Alzheimer, verso
cui non sembra ci siano cure efficaci. I miei brevi scritti non hanno nessuna
pretesa. Sono solo piccoli sfoghi solitari, fuoriuscite di vapori compressi,
minuscoli moti d’aria liberatori. Nient’altro.
martedì 2 luglio 2013
Il buon pensiero (Noam Chomsky)
" Le idee di avanguardia [...] rappresentano il modo per giustificare il proprio potere. [...] Le persone serie, invece, lavorano a fianco della gente. Quando insegno, non mi limito a dettare cose che si suppone gli altri trascrivano. Lavoro insieme agli altri. Ciò vale sia che si facciano lezioni a bambini di sei anni sia a studenti già laureati. [...]
Spesso infatti chi insegna impara più di chi ascolta. Si usano quindi tutte le risorse, le conoscenze e i privilegi immaginabili per aiutare i discenti e per imparare da loro. È un rispettabile lavoro intellettuale. Ciò significa che non esiste un’avanguardia: l’intellettuale è un servitore che collabora con altre persone per giungere ad una comprensione migliore. [...]
Non sto cercando di essere modesto, sono sincero. So perfettamente che quando tengo lezioni a operai in sciopero o a madri disoccupate ci sono cose che loro non sanno. Ma ce ne sono anche che loro sanno e io non so, così le mettiamo insieme e cresciamo reciprocamente”.
Noam Chomsky, Anarchismo (Contro i modelli culturali imposti), 2005, Tropea Editore
venerdì 28 giugno 2013
Prove Invalsi
Esprimo tutta la mia possibile solidarietà al Maestro Flavio, dell' Istituto Comprensivo Statale di largo Oriani 1, Roma, che ha beccato una sanzione disciplinare da parte del suo piccolo dirigente scolastico per essersi opposto, argomentando il suo rifiuto, alla somministrazione delle prove Invalsi.
Quella che segue è la mail che scrissi ai genitori dei miei alunni per spiegare le ragioni della mia adesione allo sciopero contro queste famigerate pseudo prove valutative.
Carissimi genitori,
vi informo che il 7 maggio prossimo sciopererò contro le prove
INVALSI (Istituto per la Valutazione del Sistema Scolastico Nazionale).
Le nostre classi saranno coinvolte per le prove di Italiano (il 10
maggio saranno somministrate le prove Invalsi di Matematica, ma in
quella data il problema non si pone, dato che saremo al campo scuola).
Vi dico alla spicciolata perché rifiuto queste prove.
1 Utilizzano un metodo valutativo parziale per valutare
l'apprendimento globale (non si possono usare soltanto dei quiz per
capire tutti gli aspetti dell'apprendimento);
2 A volte presentano grossolani errori nelle risposte a scelta multipla;
3 Non tengono conto dei disturbi specifici dell'apprendimento di
alcuni alunni e dei tempi necessari per svolgere serenamente una prova;
4 Non tengono conto delle difficoltà linguistiche degli alunni stranieri;
5 Con il nuovo regolamento sulla valutazione delle scuole, si
vogliono agganciare la premialità alle scuole e la remunerazione degli
insegnanti ai risultati delle prove;
6 Per non fare brutta figura (e in futuro prossimo per non farsi
decurtare lo stipendio) gli insegnanti spesso sottraggono molto tempo
alla normale didattica per far preparare i propri alunni alle prove, (le
famiglie sono sempre più obbligate a comprare dei libricini che
simulano le prove Invalsi);
7 Le prove, benché dicano il contrario, non sono anonime. Le
segreterie possono risalire all'autore della prova grazie ad un codice
dato;
8 Viene somministrato un questionario in cui gli alunni devono fornire dati anche sensibili e strettamente privati;
9 Mentre l'Invalsi e suoi dirigenti vedono aumentare le loro risorse
economiche, la scuola pubblica piange miseria e versa in condizioni
tali da non rispettare la normativa sulla sicurezza.
Potrei continuare ancora, ma smetto di annoiarvi.
Scusatemi se vi ho fatto perdere un po' del vostro prezioso tempo,
ma ho avvertito il bisogno di informarvi e di condividere il mio
disagio.
Un caro saluto.
martedì 25 giugno 2013
La notizia
Le voci sono sempre più insistenti. Sembra addirittura che i
solerti funzionari del ministero della non più pubblica istruzione stiano
facendo i salti mortali per occultare la notizia. Ma oggi non è più come ieri.
Oggi le notizie sono teletrasportate; a volte basta solo il tempo di pensarle
et voilà, ce le troviamo già penzolanti sui fili della rete come mutande stese
al sole.
E allora eccola la notizia: pare che da più di un decennio,
tutti i ministri che hanno diretto il dicastero dell’istruzione abbiano
elaborato i loro piani di riforma della scuola sulla base di informazioni
fornite da un noto psichiatra che opera e risiede nella Capitale.
Bè, direte voi. E dove sta la sensazionalità della notizia?
Il ministero ama farsi frequentare da esperti e consulenti esterni di ogni
risma. Che male c’è se nel folto elenco dei consiglieri ministeriali risulta
esserci anche uno “strizzacervelli”? Già. Ma è in fondo alla notizia che
avviene il coup de théâtre: l’autore delle preziose informazioni non è
affatto il celebre professionista, bensì un suo paziente. Un uomo simile all’avvocato
Pignacorelli (personaggio interpretato da Alberto Sordi nel film “Troppo
forte” di Carlo Verdone), che soffre, come lo stesso personaggio del film, di
allucinazioni, spacciandosi per avvocato, medico o, molto spesso, per figure
che ricoprono cariche istituzionali.
Lo psichiatra, dunque, non avrebbe fatto altro, in questi
anni, che raccogliere le idee che il suo falso ministro gli forniva, sdraiato
comodamente sul lettino dello studio medico, indirizzandole poi alle orecchie
dei veri ministri, i quali, entusiasti, e senza rimaneggiare alcunché, le
utilizzavano per le loro roboanti riforme del sistema scolastico italiano.
Ricordate la struttura basata sui cicli del ministro
Berlinguer, in cui la somma dei 5 anni della scuola elementare e i 3 della
scuola media era pari a 7? E il numero complessivo di anni dedicati
all’istruzione che passavano da 13 a 12? E il diritto-dovere (??????) alla
formazione fino ai 18 anni? Pare che sia farina del “Pignacorelli” anche l’idea
del finanziamento pubblico alle scuole private e il consiglio di spacciarla
come un sostegno alle famiglie per il diritto allo studio.
Ricordate l’abbassamento dell’età di ingresso dei bambini
nella scuola dell’infanzia e alle elementari? E il sistema dei licei (di durata
quinquennale) e quello della formazione professionale (di durata quadriennale)?
E la sparizione dei programmi didattici nazionali? E il taglio dei contenuti
storici e geografici nella scuola elementare? E la sparizione dell’esame di
quinta elementare? E le 3 I (internet, impresa e inglese)? Tutto merito del
“Pignacorelli”, altro che della Moratti.
Ricordate, poi, la reintroduzione del maestro tuttofare? E
la sparizione delle compresenze dei docenti nella scuola elementare? E il tempo
pieno garantito da un coacervo di insegnanti in cerca del completamento della
loro cattedra? E la riduzione delle ore di lezione alla scuola media? E la
prova nazionale con i quiz Invalsi all’esame di terza media? E la possibilità
di trasformare le università in fondazioni private? Noooo, niente di tutto
questo ha partorito la Gelmini. Il ministro ha soltanto ricevuto dallo
psichiatra le esternazioni del paziente “avv. Pignacorelli”. Tutto qui.
Il noto professionista, alla luce di quanto è emerso, ha
dichiarato che interromperà i rapporti di collaborazione con il ministero di
Viale Trastevere, almeno fino a quando il suo paziente non abbia smesso di
credersi il Presidente della Repubblica.
domenica 23 giugno 2013
LA CONSERVAZIONE DELLE MARMELLATE
Alcune
volte ho partecipato al “Comitato di Valutazione”. Per i non addetti ai lavori,
il “Comitato di Valutazione” è formato da un gruppo di insegnanti e dal
dirigente scolastico che ha il compito di valutare, a fine anno scolastico,
l’attività e la professionalità dei docenti neo immessi in ruolo (coloro che
hanno ottenuto un contratto a tempo indeterminato).
In
realtà il “Comitato di Valutazione” non valuta assolutamente nulla,
limitandosi, il più delle volte, ad ascoltare il poverino o la poverina che,
prendendo la cosa sul serio, mostra una certa emozione nell’esporre ciò che ha
fatto nelle classi durante l’anno scolastico. Raramente i membri del Comitato
leggono in maniera approfondita i diari di bordo o le tesine degli
“esaminandi”. E raramente il Comitato, di fronte ad una manifesta non
attitudine all’insegnamento di un neo immesso in ruolo, formula un giudizio sanzionatorio.
Il Comitato è parte di un rito il cui epilogo sono i “tarallucci e vino”
sostituiti da “pasticcini e bibite”, la parte, senza dubbio, più interessante
del rito valutativo.
Un
giorno mi sono trovato di fronte ad una docente che, seppur neo assunta, aveva
alle spalle molti anni di insegnamento. Avevo letto con attenzione il documento
da lei prodotto in cui presentava il lavoro svolto con i suoi alunni in classe.
Durante la presentazione del proprio lavoro, la docente sottolineò quanto
importante e fruttuoso fosse stato un “progetto” da lei ideato, programmato e
svolto, che aveva lo scopo, a suo dire, di sviluppare nei suoi alunni alcune
“competenze” (già, le competenze!) matematiche.
Ad
onor del vero, l’insegnante aveva scritto poche righe sul “progetto”, ma in
compenso aveva allegato una straordinaria documentazione fotografica che poteva
essere ricondotta però a qualsiasi attività scolastica, progettuale o
ordinaria.
Per
capirne qualcosa di più, chiesi lumi all’insegnante in merito alle attività svolte
nel progetto. In particolare le chiesi se tra le attività ne fossero previste
alcune con lo scopo di sviluppare negli alunni “la conservazione delle
quantità” (1), omettendo di specificare, perché dato per scontato, “numeriche,
delle lunghezze e dei volumi liquidi”. Come risposta ottenni un imbarazzante:
“In che senso?”. Capii che ignorava l’argomento e cercai di sviare, iniziando a
parlare d’altro, ma il dirigente scolastico presente (un piccolissimo
dirigente) volle dare prova della sua sapienza e in uno slancio di soccorso non
richiesto esordì: “Ma certo, quelle attività che i bambini svolgono con le
conserve come la... MARMELLATA!”.
(1)“La
capacità di astrarsi da indizi superficiali, quali la forma o la densità dello
spazio occupato dagli oggetti
di più insiemi, per stabilire relazioni di confronto di tipo quantitativo.”
30.03.2013
CO-N-PETENZE
È
da almeno un decennio che nelle scuole del regno domina questa parola:
“Competenze”. Ispettori, dirigenti e docenti “competenti” la usano in ogni occasione,
formale o informale che sia. La si sente
vibrare nelle sale dei convegni, nelle aule magne, nei corridoi, nei
giardini e perfino nelle mense. “Servono le COMPETENZE!”, “Bisogna progettare
per l’acquisizione delle COMPETENZE!”, “È necessario attrezzarsi per veicolare
le COMPETENZE!”, “Gli indicatori di apprendimento sono le COMPETENZE!” …
Peccato però che in questi anni, a forza di parlare a sproposito di
“Competenze” le scuole del regno hanno perso per strada buona parte del
materiale utile per formarle davvero e consolidarle. Ci vogliono far credere
che l’oggetto educativo si possa autocostruire limitando l’uso e la quantità
dei chiodi linguistico-espressivi, delle viti matematico-scientifiche, dei
bulloni storico-geografici, ecc. E a quegli insegnanti, poi, che osano chiedere
se la riduzione del tempo scuola avvenuta negli ultimi anni non sia perniciosa
allo scopo, i “competenti” rispondono:” Non serve la quantità, ma la qualità
dei prodotti offerti (già, dei prodotti, e non delle lezioni presentate, tanto
per confermare che il mondo della scuola deve stare in linea con la sottocultura del “mercato”). E
indovina, indovinello, quando ci parlano di “prodotti di qualità”, a che cosa
si riferiscono in particolare i “competenti”? Naturalmente ai progetti.
Soprattutto a quei particolari progetti che hanno inondato le scuole con i nomi
più disparati. Che hanno sdoganato centinaia di frustrati della danza del
ventre, della canzone italiana, delle arti esoteriche, dei balletti alla
“Saranno famosi” e via dicendo, che da anni premevano alle porte degli istituti
scolastici per mostrare il meglio di loro. I programmi della scuola primaria
sono stati azzoppati dalle “Indicazioni nazionali per il curricolo”. Quelli di
Storia e di Geografia sono stati i più falcidiati. Se, ad esempio, le classi
quinte non studiano più i periodi rilevanti della storia contemporanea, ciò non
genera, a detta dei “competenti”, problemi. Se poi capita di celebrare
l’anniversario dell’unità della nostra Nazione e il Ministero dei “competenti”
dell’Istruzione invita le scuole del regno a coinvolgere i propri alunni
nell’iniziativa, no problem: basta tirar fuori dal cilindro un bel progettino
che sopperisca alle mancate conoscenze del periodo storico di riferimento e che
permetta agli alunni di autocostruirsi le “competenze” necessarie per capire
l’evento. E non è nemmeno un problema per i “competenti” se il progetto assorbe
tempi e risorse destinate alle lezioni disciplinari. Per i “competenti” non
avviene alcuna sottrazione, ma una manifesta occasione di interdisciplinarietà
aggiunta. Già, un’occasione che rischia però di sfornare dalle scuole del regno
una caterva di alunni “competenti” che, spinti da un moto di riconoscenza nei
confronti di chi li ha resi tali, scrivano per ringraziare: “ Grazzie, per le
conpetenze che ci havete trasmeso”.
26.03.2013
Pro-getto
Non
c’è ormai scuola del regno che non si doti di “Progetti”. Nuovi, usati,
scopiazzati, presi in prestito, fuori moda, avveniristici, fantascientifici, …
Una vasta gamma di prodotti sono annualmente esposti sulla bancarella del Piano
dell’Offerta Formativa di ogni scuola per fare colpo su un’Utenza narcotizzata,
indirizzata più verso l’appariscenza che alla sobria sostanza. Schiere di
docenti capitanati dai loro piccoli dirigenti si spintonano per farsi largo;
come è gagliarda e salutare la competizione che si accende annualmente tra le
scuole del regno. “Venghino! Venghino! Accorrete gente! Ecco quel che offriamo
ai vostri pargoli”. “Prego, di qua. Notino lor signori la nostra pregiata
mercanzia: progetto “Lingue lunghe”, progetto “Canta che ti passa”, progetto
“Aglio, olio e peperoncino”…
Il
modello di “Progetto” che si è radicato nelle scuole del regno è ricco di
attrazioni, ma orfano di contenuti educativi. Si progetta o si aderisce a molti
progetti per forza d’inerzia, per moda, per sentito dire, “perché me lo ha
chiesto il dirigente”, “perché prendo almeno 5 ore dal fondo d’istituto”,
“perché così la scuola ottiene una briciola di finanziamento”, … Ma se una iniziativa didattica ed
educativa non trova le radici nella conoscenza, nella convinzione e nella
sensibilità del docente che la dovrà perseguire, allora le togli l’anima.
Risultati? Eccone uno.
Il
collegio dei docenti aderisce ad un
progetto ambientale. Quale manifestazione finale del percorso progettuale, è
prevista, per il giorno X, un’esposizione di manufatti realizzati dagli alunni
della scuola con materiale di scarto. Inoltre è prevista, nello stesso giorno,
una raccolta di rifiuti RAEE (rifiuti elettrici ed elettronici) da parte di una
ditta specializzata nel recupero di tale tipologia di rifiuti. Bene! Direte
voi, ed io pure. Iniziativa meritoria, considerando che il futuro dei nostri
alunni è seriamente minacciato dall’aumento dei rifiuti e dalla crescente scarsità
delle risorse utili a garantire la produzione degli oggetti necessari alla
sopravvivenza del genere umano. Il progetto prevede inoltre che la scuola avvii
una sistematica raccolta della carta, differenziando tale materiale dagli altri
rifiuti.
Arriva il giorno X. L’atrio della scuola diventa uno
spaccato di mercato rionale. Si mettono in bella mostra i lavoretti degli
alunni (alcuni anche molto interessanti) e si aprono le porte ai visitatori.
Bene! Direte voi, ed io pure. Gli scarrabili che accolgono i RAEE si riempiono.
Bene! Direte voi, ed io pure. E dopo il giorno X ci si aspetta che il messaggio
lanciato all’utenza (parola orrida) si radichi nel luogo stesso da cui è
partito. Insomma ci si aspetta che “il verbo si faccia carne”. Invece? Giorno
dopo; sala docenti; contenitore per la raccolta differenziata della carta in
cui è stampigliato in caratteri cubitali la parola “CARTA”; contenuto del
contenitore: carta, bicchieri di plastica sporchi, cucchiaini di plastica sporchi,
plastica pulita, pennarelli scarichi, … insomma, MONNEZZA. Male! Direte voi, ed
io pure!
6/01/2013
Banco privato
Qualche
settimana fa ho incontrato la mamma di una compagna di scuola di mio figlio.
Lei:”Ciao,
hai saputo del problema dei banchi nella classe dei nostri figli?”
Io:
“So che ancora fanno lezione sui banchi della prima classe (ora i bambini
frequentano la terza classe)”.
Lei:”
Oh, alla mia piccola le si incastrano le gambe sotto al banco; inoltre rischia
una cifosi a furia di stare per otto ore con la schiena piegata in avanti”.
Io:”
Già. Credo che sia un problema per tutti i bambini della classe. Dovremmo
andare dal dirigente scolastico e chiedere spiegazioni in merito”.
Lei:”So
che qualcuno ha provato ad andare in presidenza, ma il dirigente non l’ha
ricevuto”.
Io:”
Penso sia meglio andare con un nutrito numero di genitori e non isolatamente.
Più il problema è condiviso più efficace è la pressione”.
Lei:”
Quello fa come vuole. È il capo della scuola. Se decide di non ricevere, non
riceve. Anche se in presidenza ci vai in venti”.
Io:”
No scusa, è un funzionario pubblico... non può non riceverti. Riceverà per
appuntamento, ma deve ricevere. Un dirigente scolastico ha il DOVERE di
relazionarsi con le famiglie degli alunni”.
Lei:”
Lascia stare, è soltanto una perdita di tempo. Bisognerebbe invece fare come ha
detto mio marito”.
Io:”
E come ha detto tuo marito?”.
Lei:”
Bisogna trovare un pezzo grosso del ministero che lo solleciti al dialogo.
Allora sì che metterebbe la coda in mezzo alle gambe e aprirebbe la porta di
quella torre d’avorio in cui si è barricato”.
Io:”
Ma in questo modo ci alieniamo un diritto. Rinunciamo ad essere cittadini e
diventiamo sudditi del potente di turno. No guarda, chiamiamo il nostro
rappresentante di classe, che è stato appena eletto. Concordiamo con lui un
incontro, invitiamo tutti i genitori e decidiamo come meglio muoverci, senza
escludere una possibile azione legale…”
Lei:”
Sì, l’azione legale… ma fammi il piacere. Ma dove vivi. Hai i soldi da regalare
agli avvocati? Mio marito ne vede di esposti e di denunce. Vuoi sapere dove
vanno a finire? Nel secchio, e nemmeno in quello della differenziata”.
Io:”
Scusa, ma che lavoro fa tuo marito?”.
Lei:”
Il carabiniere”.
Io:”
Ah!”.
Lei:”
Io comunque non sono disposta a tollerare oltre una situazione del genere. Mia
figlia prima di tutto! Prima di tutto il suo benessere!”
Io:”
Sono d’accordo. Non si può tollerare che in una scuola pubblica oltre ai gessi,
alla carta igienica, al materiale di facile consumo manchino ora anche i banchi
idonei su cui far studiare i nostri figli. Bisogna agire!”.
Lei:”
Appunto. Ieri sono andata sul sito IKEA. Ne ho visti alcuni della dimensione
giusta. Veramente graziosi e funzionali. Ho visto i prezzi.
C-O-N-V-E-N-I-E-N-T-I-S-S-I-M-I. Povera piccola, finirà di contorcersi… domani
le comprerò un banco!”.
N.B.: ogni riferimento a fatti e persone è puramente
casuale? Un po' sì e un po' no.
La scuola fasulla
Una
volta un piccolo dirigente scolastico mi disse: “Lei è un bravo insegnante,
purtroppo, però, se la canta e se la sona”. Piccolo e straordinariamente
sintetico.
Proverò
a trasformare in prosa questo secco, tagliente e casereccio giudizio dato da
una figura di spicco del piccolo dirigismo scolastico.
“Oggi
la scuola non è più quella di una volta. Il termine “Utenza” sostituisce e
ingloba quelli più desueti di “Alunni” e “Famiglie”. L’impegno dell’insegnante, in una siffatta scuola, non
sta nel veicolare gli aspetti vari dell’umano sapere ai propri alunni, ma
quello più sopraffino di soddisfare gli appetiti di un’utenza condizionata da
stimoli diretti più allo stomaco che alla testa.
Nella
scuola dell’Autonomia la cultura solida cede il passo ad una cultura liquida
che prende la forma del contenitore in cui si versa. Bisogna quindi essere
pronti e disponibili nel soddisfare il bisogno di “show” che nasce dall’Utenza
(ma che non poche volte è sostenuto e alimentato dallo stesso mondo della
docenza e della dirigenza). L’insegnante che si mostra più al passo con i tempi
è quello che riesce a spettacolarizzare il proprio operato e che plasma i suoi
interventi sulla pancia della Suburra.
Nella
scuola dell’Autonomia, poi, la funzione della maggior parte di quelle attività
definite “Progetti” è proprio quella di dare risalto al risalto stesso. Il
mezzo che diventa fine. Un insegnante senza “Progetto” è un personaggio in
cerca d’autore.”.
Ecco,
più o meno, cosa intendeva dire il piccolo dirigente scolastico con quel “Lei
se la canta e se la sona”. Voleva dire, insomma, che la mia preparazione e il
mio impegno in classe, per quanto apprezzabili, non sono che lievi rumori
appena percettibili dall’Utenza.
Mi
par di sentirlo il mio piccolo dirigente scolastico:
“L’Utenza
ha bisogno di forma e non di sostanza. Si attrezzi, maestro, si attrezzi!”.
8.10.2012
Le Racco-mandate
Qualche
solerte funzionario del Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della
Ricerca, per premiare il merito, ha pensato bene di spedire nelle scuole del
regno le Racco-mandate.
Esse
vengono smistate celermente, anche se sono in sovrappeso, nei centri di
spedizione oppure scorrono agevolmente lungo i conduttori dei cavi telefonici.
Le
Racco-mandate, indirizzate in via esclusiva ai piccoli dirigenti scolastici,
sono da questi ultimi supinamente accettate e collocate negli spazi
precedentemente occupati.
Grazie
alle Racco-mandate, le scuole dell'autonomia non devono faticare per
individuare le eccellenze; le Racco-mandate stesse SONO l'eccellenza
certificata e garantita a marchio MIUR.
Che
bella l'idea di spedire le Racco-mandate nelle scuole del regno, certi che,
grazie ai piccoli dirigenti scolastici, non ritornano mai al mittente.
02.09.2012
La crisi spiegata ai bambini di quinta elementare che a loro volta la spiegheranno agli economisti
Parleremo
di una famiglia composta dai seguenti membri:
papà
Alessandro;
mamma
Maria;
Matteo, figlio;
Claudio,
figlio;
Sara,
figlia;
Martina,
figlia;
Valerio,
figlio;
zio
Giovanni;
Papà
Alessandro è l’amministratore della famiglia. Riceve i soldi dai familiari che
lavorano.
Mamma
Maria compra il necessario che serve alla famiglia: alimenti, vestiti, scarpe,
mobili, medicinali, libri, ecc.
Matteo
lavora in ufficio. Claudio fa l’idraulico. Sara ha un’impresa di pulizie.
Martina
studia e Valerio è disoccupato.
Zio
Giovanni presta i soldi alla gente.
Per
ogni 100 euro guadagnati da Matteo, Claudio e Sara, 45 vanno a papà Alessandro.
Matteo
guadagna 20 000 euro l’anno.
Claudio
guadagna 22 000 euro l’anno, ma al papà dice che ne guadagna 18 000.
Sara
guadagna 24 000 euro l’anno, ma al papà dice che ne guadagna 19 000.
Zio
Giovanni guadagna molto, ma molto di più di Matteo, Claudio e Sara, ma non dà
niente a papà Alessandro. Anzi, quando zio Giovanni si lamenta che ha pochi
soldi, papà Alessandro corre in suo soccorso.
Quest’anno
papà Alessandro si è comprato un’auto blu da un concessionario che gliel’ha
fatta pagare molto di più del suo prezzo reale.
Mamma
Maria, come ogni fine anno, presenta a papà Alessandro il conto delle spese che
ha fatto per sostenere la famiglia.
Papà
Alessandro è in crisi. L’auto blu che ha comprato è costata molto ed ora non ha
i soldi per mamma Maria.
Come
può pagare il conto delle spese che ha fatto mamma Maria?
Se
Claudio e Sara avessero detto a papà Alessandro quanto effettivamente
guadagnano ogni anno, papà Alessandro avrebbe potuto disporre della somma necessaria a
pagare le spese fatte da mamma Maria.
Papà
Alessandro chiede allo zio Giovanni un prestito per pagare una parte delle
spese fatte da mamma Maria.
Zio
Giovanni concede un prestito a papà Alessandro, ma ad alcune condizioni:
1
papà Alessandro dovrà restituire alla fine dell’anno la somma prestata
aumentata del 10%;
2
papà Alessandro dovrà aiutare zio Giovanni, nel caso in cui lo zio abbia
problemi di soldi, prestandogli il denaro necessario aumentato al massimo dell’
1%.
L’aumento
sarà però pagato solo se zio Giovanni dimostrerà che con il prestito di papà
Alessandro ha ottenuto un guadagno;
3
papà Alessandro dovrà ridurre i soldi che dà a mamma Maria per gli acquisti di
alimenti, vestiti, scarpe, mobili, medicinali, libri, ecc. perché in questo
modo potrà ripagare con più sicurezza il prestito.
Papà
Alessandro accetta tutte le condizioni di zio Giovanni.
Zio
Giovanni concede il prestito.
Papà
Alessandro dà a mamma Maria la somma ricevuta in prestito da zio Giovanni.
Mamma
Maria informa papà Alessandro che la somma che le ha dato non è sufficiente per
pagare le spese sostenute.
Papà
Alessandro la informa che chiederà a Matteo, Claudio e Sara un contributo in
aggiunta a quello solito.
Inoltre
papà Alessandro le ordina di diminuire le spese necessarie alla famiglia.
Specialmente quelle che servono per mandare a scuola Martina e quelle per
sostenere Valerio.
Papà
Alessandro chiama Matteo, Claudio e Sara.
Papà
Alessandro dice a Matteo, Claudio e Sara che vuole da loro un’altra parte dei
soldi che guadagnano.
I
tre storcono il naso, ma danno a papà Alessandro la parte richiesta.
Claudio
e Sara, che risultano guadagnare meno di Matteo (perché non dicono quanto
guadagnano davvero), dovranno sborsare una somma inferiore.
Ora
papà Alessandro potrà pagare le spese fatte da mamma Maria. Ma ha sempre il
problema di trovare i soldi per pagare a zio Giovanni il 10% del prestito.
Papà
Alessandro è tentato di chiedere un altro contributo a Matteo, Claudio e Sara,
ma così facendo rischierebbe di farli arrabbiare.
Allora
papà Alessandro chiede a zio Giovanni un prestito per potergli pagare la parte
in più (il 10% della somma prestata).
Zio
Giovanni dice a papà Alessandro che ora i soldi non li ha, perché tempo fa
prestò del denaro ad alcune persone che alla fine non glielo hanno restituito.
Lui si è anche arrabbiato e ha tolto a queste persone le loro case e le loro
auto, che però non riesce a vendere per rifarsi almeno un po’ della perdita
subita.
Zio
Giovanni dice che ora è lui a stare in difficoltà e ricorda a papà Alessandro
la seconda condizione che ha portato al prestito.
Papà
Alessandro, ricordando l’accordo, chiama subito Matteo, Claudio e Sara.
Dice
loro che la situazione è davvero drammatica. Che la famiglia ha condotto fino a
quel momento una vita al di sopra delle proprie possibilità. Che si rischia di
non poter pagare più le spese della scuola di Martina. Che i medicinali non
possono essere più acquistati da mamma Maria, ma da loro stessi. Che Valerio
non può più essere sostenuto. E via dicendo.
Insomma,
i tre, spaventati, accettano di dare a papà Alessandro quanto loro richiesto
ancora.
Così
papà Alessandro presta i soldi di Matteo, Claudio e Sara a zio Giovanni secondo
le condizioni stabilite prima.
Zio
Giovanni, che ora ha i soldi di Matteo, Claudio e Sara, presta a papà
Alessandro quanto gli occorre per pagare la parte in più (il 10% della somma
prestata) allo stesso zio Giovanni,
Papà
Alessandro ha ora pagato il debito a zio Giovanni, ma per farlo si è indebitato
ancora.
Papà
Alessandro è ancora in crisi e si chiede: “Come faccio ad uscire da questa
situazione?”.
Mentre
aspetta la risposta, papà Alessandro continua a comprare costose auto blu,
chiede altri prestiti a zio Giovanni e toglie altri soldi a Matteo, Claudio e
Sara (ma a Matteo di più, perché Claudio e Sara continuano a non dirgli quanto
guadagnano davvero).
27.08.2012
Libero pensiero in pubblica scuola - Se questo è un Dio - La Punizione di Eva e di Adamo
Dio,
dopo averlo creato, aveva collocato Adamo nel paradiso terrestre, esattamente
nel giardino di Eden, a oriente. Il giardino era rigoglioso, pieno di alberi
che davano frutti gustosi. Un posto incantevole dove Adamo avrebbe dimorato
eternamente. La storia potrebbe dunque finire qui. Ma Dio era pieno di risorse
e tra gli alberi ne pose due in particolare: l’albero della vita e l’albero
della conoscenza del bene e del male [1]. Poi calò in quel luogo incantato un
divieto. Dio non spiegò, semplicemente vietò. Rivolto ad Adamo disse : “ Tu
potrai mangiare di tutti gli alberi del giardino, ma dell’albero della
conoscenza del bene e del male non devi mangiare, perché, quando tu ne
mangiassi, certamente moriresti”[2]. Fino a quel momento l’unico interlocutore
umano di Dio è Adamo. Eva è assente. Verrà creata successivamente, come tutti
ben sanno, dalla “plasmazione” di una delle costole di Adamo.
Quando
la donna fece il suo ingresso in Eden probabilmente non fu informata con
dovizia sul divieto divino. Infatti alla domanda del serpente, che secondo le
varie interpretazioni cela la figura di Satana, che le chiede se Dio avesse
vietato di mangiare i frutti di tutti gli alberi dell’Eden, essa risponde: “
Dei frutti degli alberi del giardino noi possiamo mangiare, ma del frutto
dell’albero che sta in mezzo al giardino Dio ha detto: “Non ne dovete mangiare
e non lo dovete toccare, altrimenti morirete”[3]. Se si fossero poi mangiati i
frutti dell’albero della vita si sarebbe raggiunta l’immortalità, ma non la
conoscenza[4]. Insomma la situazione appare un po’ ingarbugliata, tanto che il
serpente intorbidisce ancor più le acque dicendo alla donna: “No, non morirete
affatto; ma Dio sa che nel giorno che ne mangerete, i vostri occhi si apriranno
e sarete come Dio, avendo la conoscenza del bene e del male”[5].
Dunque:
Dio vieta ad Adamo di mangiare i frutti
dell’albero della conoscenza del bene e del male, ma non quelli dell’albero
della vita.[6]
L’albero della vita è posto da Dio al
centro dell’Eden.
Eva sa che non deve mangiare i frutti
dell’albero posto al centro del giardino, e non quelli della conoscenza del
bene e del male.
Il serpente si riferisce all’albero
centrale come se fosse quello della conoscenza del bene e del male.
Insomma,
non è il massimo della chiarezza!
Orbene,
cosa fa Eva, dopo essere stata sollecitata dal serpente? Assaggia candidamente
i frutti dell’albero. Li assaggia e li fa assaggiare ad Adamo, il quale lo fa
senza indugio.
Ora
è utile porsi alcune domande: perché Eva non avrebbe dovuto assaggiare i frutti
e Adamo avrebbe dovuto mostrarsi riottoso? Eva e Adamo non erano forse creature
pure? Perché mai Eva avrebbe dovuto pensare che dietro alle parole del serpente
ci fosse l’inganno, categoria estranea al pensiero di un essere che non
conosceva ancora cosa fosse il bene e cosa il male? E la stessa cosa si dica
per Adamo. Perché avrebbe dovuto rifiutare l’offerta di Eva?
Ed
ecco, Dio si accorge che il suo divieto è stato infranto. E si arrabbia. “E’
questo il modo di usare il libero arbitrio di cui vi ho fatto dono?”. Lo
sentite? Già, il libero arbitrio. Adamo ed Eva potevano decidere le loro azioni
liberamente. Potevano agire come avrebbero agito due pargoletti che richiamati
dal prodigioso luccichio dei tizzoni ardenti messi nel bel mezzo della loro
stanza dal proprio padre li avrebbero senz’altro toccati, incuranti del
pericolo. La purezza dei cuccioli d’uomo non è tale perché essi ignorano i mali
dell’esistenza? E Adamo ed Eva non furono forse l’ ”infanzia” del genere umano?
Ma
Dio non li comprese. Anzi, li punì severamente. E nel punire loro punì tutte le
donne e gli uomini a venire. Punì le donne dicendo ad Eva:” Moltiplicherò i
tuoi dolori e le tue gravidanze, con dolore partorirai figli. Verso tuo marito
sarà il tuo istinto, ma egli ti dominerà”[7]. Punì gli uomini dicendo ad Adamo:
“…maledetto sia il suolo per causa tua! Con dolore ne trarrai il cibo per tutti
i giorni della tua vita. Spine e cardi produrrà per te e mangerai l’erba
campestre. Con il sudore del tuo volto mangerai il pane; finché tornerai alla
terra, perché da essa sei stato tratto: polvere tu sei e in polvere
tornerai!”[8].
Avrebbero
avuto bisogno di un padre, Adamo ed Eva…ne avrebbero avuto proprio bisogno.
[1]
Nella versione C.E.I. della Bibbia è scritto: “Il Signore Dio fece germogliare
dal suolo ogni sorta di alberi graditi alla vista e buoni da mangiare, tra cui
l'albero della vita in mezzo al giardino e l'albero della conoscenza del bene e
del male.”. Nella Nuova Riveduta è scritto: “Dio il SIGNORE fece spuntare dal
suolo ogni sorta d'alberi piacevoli a vedersi e buoni per nutrirsi, tra i quali
l'albero della vita in mezzo al giardino e l'albero della conoscenza del bene e
del male.”, mentre nella Nuova Diodati
è scritto: “E l'Eterno DIO fece spuntare dal suolo ogni sorta di alberi
piacevoli a vedersi e i cui frutti erano buoni da mangiare; in mezzo al
giardino vi erano anche l'albero della vita e l'albero della conoscenza del
bene e del male.” Come si può notare la differenza fra le versioni C.E.I /Nuova
Riveduta e la Nuova Diodati non è di poco conto. Nelle prime si intende che
solo l’albero della vita era posto al centro del giardino, mentre nella Nuova
Diodati gli alberi della vita e della conoscenza del bene e del male sono
entrambi posti al centro del giardino. Considerata la risposta che Eva dà al
serpente, sembrano più consone le versioni C.E.I. e Nuova Riveduta.
[2]
Versione C.E.I. - Genesi 2, 16
[3]
Versione C.E.I. - Genesi 3, 2
[4]
vedi nota 9, Versione C.E.I., 6a coedizione1982, Roma
[5]
Versione Nuova Riveduta - Genesi 3, 4
[6]
Da Versione Nuova Riveduta - Genesi 2, 16,17 ”Dio il SIGNORE ordinò all'uomo:
“Mangia pure da ogni albero del giardino, ma dell'albero della conoscenza del
bene e del male non ne mangiare; perché nel giorno che tu ne mangerai,
certamente morirai ”.”
[7]
Versione C.E.I. – Genesi 3, 16
[8]
Versione C.E.I. – Genesi 3, 17
24.07.2012
I campioni di "fondo"
Nella
scuola dell’autonomia ci sono dei veri e propri atleti che amano praticare il
“Fondo” d’istituto. Più che con i piedi, però, amano correre con le mani per
intascare meglio il risultato.
Sono
maratoneti che prediligono il “Fondo” lungo.
La
preparazione atletica a cui si sottopongono consente loro di coprire distanze
che variano dai 3.000 ai 6.000 euro l’anno.
Riconoscere
un “Fondista” da un sedentario della scuola è cosa assai semplice. Mentre il
secondo se ne sta in classe per la maggior parte del proprio orario di lavoro,
il primo, invece, preferisce sfrecciare dall’ufficio di presidenza agli uffici
della segreteria, dall’aula magna al laboratorio di informatica, dal
distributore del caffè al cortile della scuola.
Anche
i podisti hanno le loro classi. Ma spesso, per non diminuire i ritmi di
allenamento necessari per raggiungere in busta paga delle distanze così
impegnative, le lasciano in autogestione oppure sotto il controllo di un
collaboratore sportivo.
I
preparatori tecnici di questi formidabili corridori sono non di rado i piccoli
dirigenti scolastici.
Quest’ultimi
sollecitano i “Fondisti” a stare in forma. Li fanno frequentemente uscire dalle
loro classi e gli indicano a quale velocità correre, per quanto tempo, se
correre a digiuno o dopo la pausa caffè.
I “Fondisti” sono l’orgoglio dei piccoli dirigenti
scolastici che sognano una scuola con le proprie Fiamme oro.
21.07.2012
Lieto evento
Un piccolo dirigente scolastico se ne andrà in pensione. Beato lui. Beati noi.
20.07.2012
Libero pensiero in pubblica scuola - Il dramma di Adamo ed Eva
Il
dramma di Adamo ed Eva è stato quello di nascere adulti.
Lo
Sperimentatore tolse loro l’infanzia e li illuse di vivere in una rigogliosa
dimensione. Ma anche nelle illusioni c’è una porzione di realtà e questa, come
un albero, crebbe al centro del pensiero, e i suoi pomi ebbero i colori dei
balocchi del mondo. Fu così che l’asservito Adamo sentì il suono del trenino,
grazie ad Eva, che possedeva un intuito avvolgente come le spire di un
serpente. Giocarono, giocarono e poi ancora giocarono, dimenticando spazio e
tempo, e le loro voci diventarono sempre più acute, sottili e leggere tanto da
innalzarsi ed arrivare in cielo, già, in Cielo.
Le
mani sporche, le ginocchia sbucciate, il corpo zuppo di sudore. Fu così che
furono sorpresi e impauriti.
Una
voce, grave come un tuono, esplose. Mille e più di mille ire adulte colpirono
come proiettili le gote rosse, i capelli arruffati e sporchi, il moccolo.
Tentarono di rimediare asciugandosi il sudore con le mani polverose, ma il
risultato fu un groviglio di linee scure sui corpi.
L’ipotesi
dello Sperimentatore fu sbriciolata da quella visione.
Aveva
potuto creare due perfette creature, ma non aveva potuto svuotarle.
Gli
aveva dato la sua immagine, ma non la sua somiglianza.
Colto
dallo sconforto, lo Sperimentatore pensò di abbandonare il progetto, ma un
lampo attraversò la sua divina mente.
Le
perle di sudore, le gote rosse, le ginocchia sbucciate, i capelli arruffati e
sporchi e le mani polverose potevano essere mantenute intatte. Potevano essere
trasformate in manifestazioni dell’adulta età.
Il
cerchio fu chiuso.
Adamo
ed Eva avrebbero continuato a bagnare la loro fronte, ad arrossare le loro
guance, a sbucciare le loro ginocchia, ad arruffare i loro capelli e a sporcare
le loro mani in una dimensione stretta tra spazio e tempo.
Avrebbero
mantenuto tutto ciò nel gioco della vita guadagnata col duro lavoro.
19.07.2012
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